Chi andrà in pensione nei prossimi 5 anni

24 aprile
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Nei prossimi cinque anni il mercato del lavoro italiano richiederà 3,8 milioni di addetti, di questi oltre il 70% (2,7 milioni) serviranno in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione e più di un milione di nuovi ingressi (il 28,3% del totale) legati alla crescita economica prevista nel periodo tra il 2023 e il 2027. A legislazione vigente, pertanto, nei prossimi 5 anni quasi il 12% degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età. A stimare l'esodo e ad analizzare i settori principalmente colpiti è un report dell’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato i dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal. Dei 2,7 milioni di addetti totali che nei prossimi anni scivoleranno verso la quiescenza, la metà, poco meno di 1,4 milioni, interesserà i dipendenti privati e oltre 670 mila ciascuno il pubblico impiego e il mondo del lavoro autonomo. L’esodo interesserà Basilicata, Liguria, Abruzzo, Piemonte Molise e Veneto.

Chi andrà in pensione nei prossimi 5 anni

L’incidenza della domanda sostitutiva sul totale del fabbisogno occupazionale, da qui a 5 anni quando andranno in pensione 2,7 milioni di italiani, che secondo le stime della Cgia, il valore più elevato, pari al 91,6% del totale, riguarderà il pubblico impiego. Se, invece, si analizzano le filiere produttive/economiche più interessate dall’esodo degli occupati verso la pensione, in termini assoluti si scorge la salute (331.500 addetti), attività immobiliari, noleggio/leasing, vigilanza/investigazione, gli altri servizi pubblici e privati (pulizia, giardinaggio e pubblica amministrazione che non include la sanità, l’assistenza sociale e l’istruzione) (419.800) e, in particolar modo, il commercio e il turismo (484.500).

I settori più colpiti

Se si misuriamo l’incidenza della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale, i settori che entro i prossimi cinque anni si troveranno maggiormente in "difficoltà" saranno la moda (91,9%), l’agroalimentare (93,4%) e, in particolar modo, il legno-arredo (93,5%). Insomma, i principali settori del nostro made in Italy rischiano di non poter più contare su una quota importante di maestranze di qualità e di elevata esperienza.

Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana sta provocando un grosso problema al mondo produttivo. Da tempo, ormai, gli imprenditori – anche del Sud - denunciano la difficoltà di trovare sul mercato del lavoro personale altamente qualificato o figure professionali di basso profilo. Se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali a causa del disallineamento che in alcune aree del Paese si è creato tra la scuola e il mondo del lavoro, per le seconde, invece, sono opportunità di lavoro che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono “coperti” dagli stranieri. Una situazione che nei prossimi anni è destinata a peggiorare: in primo luogo per gli effetti della denatalità e in secondo luogo per la cronica difficoltà che abbiamo a incrociare la domanda e l’offerta di lavoro.

Fonte: www.today.it

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