Limite prelievo contanti dal conto corrente

25 maggio
535 525

A partire dal 1° gennaio 2023, il limite all’utilizzo dei contanti è salito da 2.000 euro a 5.000 euro. Questo significa che chi vuol utilizzare i contanti può farlo solo fino a 4.999,99 euro. Tale limite si applica non solo per le vendite ma anche per qualsiasi altro passaggio di denaro tra soggetti diversi, come nelle donazioni e nei prestiti. 

Diverso è invece il caso dei prelievi e dei versamenti in banca. Qui infatti non c’è alcun trasferimento della proprietà del denaro: l’istituto di credito è un semplice depositario. È come se i soldi non uscissero mai dalla disponibilità del relativo titolare. Ciò nonostante ci si chiede spesso quale sia il limite al prelievo di contanti dal conto corrente. Quanti soldi si possono prelevare dal bancomat o allo sportello? Il Fisco può fare dei controlli? Se l’Agenzia delle Entrate dovesse rilevare un prelievo di contanti dal conto corrente superiore a 1.000 euro potrebbe avviare un accertamento? 

Sul punto, c’è tanta disinformazione e spesso si finisce per confondere tra loro le diverse norme, aventi finalità differenti. Cerchiamo allora di fare il punto della situazione e di vedere qual è l’esatto limite al prelievo di contanti dal conto corrente.

Esiste il limite di mille euro ai prelievi di contanti?

Partiamo subito col dire che, per quanto riguarda i conti correnti intestati a soggetti diversi da società ed imprenditori, non esiste alcun limite al prelievo di contanti dal conto. Contrariamente a quanto si ritiene, un disoccupato, uno studente, un pensionato, un lavoratore dipendente, un artigiano, un professionista può prelevare quanto vuole dal proprio conto corrente senza violare alcuna norma e senza che ciò possa essere considerato una violazione della normativa sull’antiriciclaggio. 

Da ciò discende che, sotto un profilo esclusivamente fiscale, mai l’Agenzia delle Entrate potrebbe avviare un accertamento nei confronti di chi svuota il proprio conto corrente richiedendo banconote contanti. 

I controlli fiscali scattano solo sui versamenti di contanti sul conto corrente, sia esso bancario o postale. Questo perché l’articolo 32 del Testo Unico sulle Imposte sui redditi stabilisce che tutti i movimenti in entrata sul conto – appunto i versamenti di contanti e i bonifici ricevuti – si presumono redditi salvo prova scritta contraria. Il contribuente quindi si trova dinanzi a una scelta tutte le volte in cui versa dei contanti o riceve un bonifico: o “denuncia” tale somma nella propria dichiarazione dei redditi, andandoci così a pagare le tasse ma non rischiando nulla, oppure deve essere pronto a difendersi da un’eventuale richiesta di chiarimenti. Questa difesa deve essere rivolta a dimostrare che la somma versata o incassata è il frutto di redditi esentasse (come una donazione o un risarcimento) o già tassata alla fonte (come una vincita al gioco). Di tanto bisogna fornire una prova scritta con data certificata da pubblico ufficiale, cosa che si può fare ad esempio registrando l’atto di donazione o il prestito.

La richiesta della banca sui contanti

Potrebbe succedere, quando la somma prelevata in contanti è ingente, che la banca chieda chiarimenti al proprio cliente circa la destinazione del denaro. Questi dovrà autocertificare, compilando un apposito modulo, per quali spese verranno utilizzati i contanti.

È chiaro che se si prelevano più di cinquemila euro e si dichiara di dover pagare un fornitore si sta tacitamente ammettendo di violare la norma sui limiti di pagamenti in contanti (che, come anticipato in apertura, dal 1° gennaio 2023 è pari a 5.000 euro). Questo significa che si subirà una sanzione che può andare da un minimo di cinquemila euro a un massimo di 50mila euro.

Si potrà però ben spiegare che i soldi servono per varie spese, non tutte rivolte allo stesso soggetto.

È prevista una segnalazione obbligatoria alla Uif (l’Unità di informazione finanziaria) da parte della banca quando i prelievi, nell’arco dello stesso mese, complessivamente considerati superano 10.000 euro. E ciò vale anche se si tratta di prelievi frazionati in più operazioni di importo inferiore (ad esempio, 10 prelievi da mille euro). La segnalazione viene fatta non per una questione fiscale ma per un controllo sulle attività illecite. Non scatteranno quindi dei controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate. La Uif valuta se sussistono sospetti di reati e in caso ne informa la Procura della Repubblica. Si tratta di «controlli» e non di «divieti»: siamo fuori dal perimetro delle segnalazioni per operazioni sospette (Sos) ma comunque, secondo la Guardia di Finanza e la Direzione investigativa antimafia, in un ambito che deve essere monitorato per incrociare informazioni su chi è troppo appassionato al contante, «strumento anonimo e non tracciabile».

Quando esiste il limite di mille euro ai prelievi di contanti

I controlli sui prelievi, che come abbiamo visto non sussistono per la generalità dei contribuenti, sono invece previsti per imprenditori e società. Per questi ultimi esiste il tetto di 1.000 euro giornalieri e comunque di 5.000 euro mensili. Al di sotto di questi importi non si rischia nulla; superato invece tale tetto, l’Agenzia delle Entrate pretende la dimostrazione della destinazione della somma e, in caso di assenza di prove, avvia il recupero a tassazione del denaro che si presume destinato a investimenti in nero. 

Fonte: www.laleggepertutti.it

25 maggio
535 525