Pensioni: chi lascerà il lavoro a 62 o 64 anni nel 2023

22 novembre
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Agiorni via al confronto governo-sindacati sulle pensioni, ma è un confronto a lungo termine. Nella manovra 2022 non ci sono le risorse per affrontare una riforma strutturale sin da subito. E, va detto, non ci sono nemmeno le idee molto chiare per superare definitivamente la legge Fornero dal 2023. Le ipotesi non mancano, e sono stanzialmente tre come vedremo. 

Pensioni 2022: chi lascerà il lavoro dal 1 gennaio

Nel 2022 ci saranno "solo" ulteriore allargamento alle donne e a nuove mansioni gravose del perimetro dell’Anticipo pensionistico sociale (Ape sociale). Ma soprattutto c'è Quota 102, la possibilità di uscire dal lavoro con almeno 64 anni d’età e 38 di contribuzione, che è stata individuata dal governo per rendere più graduale nel 2022 il superamento di Quota 100. Opzione donna diventerà quasi strutturale. Si punta poi all’estensione a tutti i lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti del Fondo per le uscite anticipate.

L'obiettivo ragionevole per esecutivo (qualsiasi esso sia, col totoquirinale che impazza è difficile fare previsioni sulla tenuta del governo Draghi a primavera) e sindacati è il Def di aprile. L'obiettivo è impostare tutte le uscite anticipate al ricalcolo contributivo dell’assegno. Semplificando al massimo, si intende con metodo retributivo il calcolo dell’assegno pensionistico sulla base delle ultime retribuzioni, mentre con metodo contributivo si tiene in considerazione l’ammontare dei contributi effettivamente versati. 

La "discussione" sulla riforma delle pensioni "deve avere un termine temporale abbastanza ristretto, i primi mesi del prossimo anno". Lo ha detto il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, a Unomattina su Rai Uno, in vista dell'apertura del confronto, ai primi di dicembre, con i sindacati.

Pensioni: tutte le opzioni per lasciare il lavoro

Per il 2023 sono varie le opzioni di uscita dal lavoro tutte in ottica “contributivo”, partendo dalle opzioni già sul tavolo per consentire il pensionamento con 64, 63 e anche 62 anni d’età. Il Sole 24 Ore oggi fa una panoramica delle possibilità.

Una ipotesi forte è quella del pensionamento anticipato, con ricalcolo contributivo del trattamento, con un minimo di 64 anni d’età e 20 di versamenti al raggiungimento di un ammontare mensile pari a 1,5-2,5 l’importo dell’assegno sociale. In pratica una soluzione simile a quella già prevista oggi dalla legge Fornero per i soggetti totalmente “contributivi”. 64+20 costerebbe circa un miliardo alle casse dello Stato.

Altra ipotesi è quella di andare con 62 anni d’età e 20, o 25, anni di contributi. I sindacati apprezzano, perché da mesi chiedono che la riforma delle pensioni sia impostata su uscite flessibili già dai 62 anni. Il costo però non è stato calcolato, e sarebbe immensamente più alto del 64+20.

Poi c'è la sempreverde ipotesi Tridico: uscita a 63 anni col calcolo della sola quota contributiva con la restante quota retributiva che scatta a 67. Il presidente dell'Inps lo ribadisce da mesi: "E' sostenibile". La prima volta illustrò il suo piano in primavera in un intervento al seminario 'Pensioni, 30 anni di riforme'. E' passato quasi un anno e ciclicamente le pensione "con due quote" ritorna sul tavolo.

E poi c'è quella Quota 41 tanto cara alla Lega e ai sindacati: la pensione con 41 anni di  contributi versati non è però ipotizzabile senza almeno un requisito anagrafico.

Fonte: www.today.it

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