Pensioni, il quadro è fosco: spesa in aumento, cosa succede nel 2024

17 aprile
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L'inflazione e le uscite anticipate fanno lievitare la spesa per le pensioni. Che secondo quanto viene stimato nel documento di economia e finanza (Def) si attesta ora al 16,1% del prodotto interno lordo (Pil) e raggiungerà il 16.2% alla fine dell'anno prossimo. Un punto in più di quella registrata nel 2018.

Nel Def si fa presente che la spesa previdenziale aveva subito un aumento (almeno in rapporto alla ricchezza prodotta) nel triennio 2008-2010 a causa degli effetti della recessione, continuando però a crescere anche negli anni successivi.

A partire dal 2013, si legge nel documento, "in presenza di un andamento di crescita più favorevole e della graduale prosecuzione del processo di innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento, il rapporto fra spesa pensionistica e Pil decresce per circa un quinquennio fino a raggiungere il 15,2 per cento nel 2018". Il Covid però fa crollare il Pil e così la percentuale risale nel 2020 per poi ridiscendere grazie al rimbalzo del prodotto interno lordo degli anni successivi. 

Secondo il Def "tale andamento è fortemente condizionato" anche dall'applicazione delle riforme introdotte in ambito previdenziale (ovvero Quota 100) che hanno gravato non poco sul bilancio, mentre "le previsioni scontano gli effetti della significativa maggiore indicizzazione delle prestazioni imputabili al notevole incremento del tasso di inflazione registrato nella parte finale del 2021 e previsto fino al 2023". 

A questi effetti si sommano quelli dovuti a Quota 102 che sono comunque "significativamente più contenuti" rispetto a quelli prodotti da Quota 100. Il risultato però resta poco incoraggiante: dal 2018 a oggi la spesa per le pensioni si è mangiata quasi un punto di Pil con un aumento in termini assoluti di quasi 50 miliardi. Non certo una buona notizia per un Paese che da anni è in cima alle graduatorie Ocse proprio per la spesa previdenziale, decisamente alta rispetto alla ricchezza prodotta. 

Rinviata Quota 41, quasi certa la proroga di Quota 103

In questo contesto è difficile immaginare a una riforma delle pensioni più generosa di quella già in vigore. Lo scenario dunque è il seguente: la misura che da anni è il cavallo di battaglia della Lega, ovvero Quota 41, sarà rimandata (di nuovo) a data da destinarsi. Dell'ipotesi di un'uscita anticipata dal lavoro con 41 anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica, non si parla neanche nel Def. Dal Carroccio arrivano le prime ammissioni: "Con pochi miliardi quota 41 non si fa, questo è chiaro"  ha fatto sapere Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera del partito, a Radio 24. "Dovremmo capire quante risorse avremo e come potremo avvicinarci a quell'obiettivo, che è lo stesso discorso della flat tax". L'ipotesi più probabile a questo punto è che Quota 103 venga confermata per un altro anno. Poi si vedrà.   

Fonte: www.today.it

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