La cura anti-cancro che potrebbe causare tumori

4 gennaio
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Potrebbe esistere la possibilità che alcune nuove tecniche di modifica genetica, usate per curare specifiche tipologie di tumori, provochino altri cancri nei pazienti, in un tragico effetto collaterale. L'Agenzia europea del farmaco (Ema) sta cercando di vederci più chiaro, e ha richiesto chiarimenti alla sua controparte statunitense che sta conducendo delle indagini su dei casi sospetti.

Come riporta il quotidiano spagnolo El Pais, è soprattutto la tecnica conosciuta come Car-T ad essere finita sotto più attento scrutinio dopo che la Food and drug administration (Fda) degli Stati Uniti ha segnalato "gravi rischi" di insorgenza di altri tumori, diversi da quelli che si stavano trattando ricorrendovi.

Ma che cos'è la Car-T? In breve, si tratta di una categoria di immunoterapie innovative che si basano sull'ingegneria genetica, e si sono mostrate particolarmente promettenti negli ultimi anni (le ricerche hanno avuto particolarmente successo a partire dal 2012), avendo permesso di sconfiggere diversi tipi di cancro del sangue laddove le chemioterapie e radioterapie tradizionali avevano fallito.

Sostanzialmente, le Car-T prevedono la rimozione dei linfociti T (cellule del sangue da cui dipende la produzione degli anticorpi) dei pazienti oncologici, i quali vengono "riprogrammati" mediante l'aggiunta sulla loro superficie di un materiale genetico prodotto in laboratorio che consente la produzione di particolari proteine (dette "ricettori chimerici dell’antigene", nome il cui acronimo in inglese è appunto Car). Una volta reintrodotti i linfociti così modificati nel paziente, le proteine Car si legano quindi ad altre proteine presenti sulla superficie delle cellule tumorali, e provvedono alla loro neutralizzazione.

Ora, i linfociti ingegnerizzati vengono immessi nell'organismo tramite virus innocui; dunque è sempre esistito, almeno teoricamente, il rischio che tali virus catalizzassero accidentalmente lo sviluppo un tumore secondario nei pazienti oncologici. Dato che i virus rilasciano il loro carico genetico in un punto tendenzialmente casuale del genoma di una persona, non si può escludere con sicurezza che questa operazione possa provocare la nascita di nuove cellule tumorali.

Lo scorso 28 novembre, l'agenzia farmaceutica Usa ha annunciato l'avvio di un'indagine su alcuni casi di pazienti che hanno sviluppato un diverso tipo di cancro rispetto a quello per cui si stavano sottoponendo alla terapia in questione (in qualche caso con esito fatale). La nota riferisce che il rischio di sviluppare tumori maligni a livello dei linfociti T è ipotizzato per tutte le terapie Car-T contro il mieloma multiplo e i linfomi, ma non specifica l'esatto numero di pazienti che ha riscontrato questo tipo di effetti collaterali.

Non appena la notizia è arrivata su questa sponda dell’Atlantico, l’Ema ha chiesto maggiori dettagli alla controparte statunitense. Le due agenzie collaborano strettamente in questo ambito da tempo, e nel 2017 hanno approvato per la distribuzione commerciale sei terapie Car-T contro vari tipi di leucemia, linfoma e mieloma, mentre altre ancora sono in fase di sviluppo.

Visto che sono sul mercato da così pochi anni, ad oggi non ci sono ancora studi scientifici attendibili (cioè basati su campioni statisticamente rilevanti) sugli effetti a lungo termine di queste terapie. Dal canto loro, e piuttosto prevedibilmente, le case farmaceutiche che producono questi farmaci difendono i loro prodotti, sostenendo che per ora non ci sono indicazioni che mettano in discussione il rapporto costo/benefici delle immunoterapie Car-T.

La Car-T è anche strettamente legata ad un'altra tecnica di editing genetico, conosciuta con un altro acronimo inglese, cioè Crispr (che in italiano si legge "crisper" e sta per clustered regularly interspaced short palindromic repeats, letteralmente "brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate in modo regolare"). La tecnica Crispr è alla base non solo della ricerca medica ma anche di quella più prettamente biologica, in quanto vi si fa ricorso per modificare il Dna di alcune varietà vegetali per renderle più resistenti ad agenti nocivi nonché al cambiamento climatico. L'Ue sta considerando di aggiornare il quadro normativo relativo al genome editing, e l'Italia sostiene l'impulso della Commissione alla deregolamentazione. 

Fonte: europa.today.it

4 gennaio
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