Patatine, snack e bibite portano alla depressione: lanalisi shock sul "cibo industrale"

12 marzo
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La nostra dieta è molto diversa da quella dei nostri bisnonni. Oggi ingredienti genuini e cibi naturali sono sempre più spesso sostituti da cibi pronti, salse lavorate industrialmente, prodotti inscatolati e imbustati. È chiaro che questi cosiddetti cibi “ultraprocessati” semplificano la vita in cucina. Ma a quale prezzo? Da tempo gli esperti di alimentazione avvertono che il consumo eccessivo di alimenti lavorati industrialmente potrebbe essere dannoso per la salute, anche al di là – e più – di quanto prevedibile guardando al loro contenuto di sale, zuccheri e altre sostanze poco salutari. E un nuovo studio pubblicato sul British Medical Journal conferma i sospetti: una dieta ricca di cibi ultraprocessati, infatti, sarebbe associata a un maggiore rischio di sviluppare ben 32 gravi problemi di salute, disturbi cardiaci e polmonari, tumori, e disturbi dell’umore quali ansia e depressione. 

Cos'è il cibo ultraprocessato

Quella dei cibi ultraprocessati è una categoria ampia e sfumata di prodotti, accomunati da una lavorazione industriale tanto elevata da lasciare ben poco dell’alimento originale. Patatine e snack in busta, bibite gassate e energy drink, alimenti conservati e pronti all’uso, sono tutti esempi di questi cibi, riconoscibili fondamentalmente dalla lunga lista di ingredienti artificiali che contengono e dalla lavorazione estrema delle materie prime. In paesi come il nostro, in cui amiamo cucinare e abbiamo un’attenzione relativamente alta per la qualità delle materie prime, i cibi ultraprocessati rappresentano circa il 20-30% delle calorie che ingeriamo ogni giorno. Altrove, però, le percentuali sono ben più ampie: negli Usa, ad esempio, raggiungono praticamente il 60% dell’apporto calorico quotidiano. 

È per questo che molti ricercatori studiano da tempo quali effetti può avere un’alimentazione così diversa da quella “naturale” sulla nostra salute. Con risultati che, nella maggior parte dei casi, puntano in direzione di effetti negativi Per fare il punto su questo campo di studi relativamente nuovo, e caotico, un team di ricercatori provenienti da diverse università americane ha realizzato quella che in gergo tecnico viene definita una umbrella review, cioè uno studio che analizza revisioni sistematiche e meta analisi realizzate su un tema in precedenza. Per i non addetti ai lavori, può bastare sapere che il risultato è uno studio che raccoglie e sintetizza i risultati di altre ricerche che rappresentavano già, a loro volta, un compendio delle ricerche disponibili su un tema. E che in medicina ha il livello di affidabilità più alto che si può sperare di ottenere in campo epidemiologico.

Dal cibo ultraprocessato 32 diversi problemi di salute

Gli studi analizzati sono tutti stati pubblicati nell’arco degli ultimi tre anni, e hanno coinvolto, in totale, oltre 10 milioni di persone. Come anticipato, l’esposizione ad un’elevata quantità di cibi processati è risultata associata a ben 32 condizioni di salute pericolose. Nel caso dei disturbi cardiovascolare, i dati disponibili dimostrerebbero in modo “convincente” un aumento del 50% del rischio di decesso per chi segue una dieta ricca di cibi ultraprocessati. Lo stesso livello di certezza è emerso anche nel caso nell’ansia e di altri disturbi psicologici, il cui rischio aumenterebbe del 48-53%, e del diabete, con un aumento pari al 12%. 

La relazione è emersa inoltre, anche se con un livello di certezza meno elevato, con un aumento della mortalità per tutte le cause (21% di rischio in più), obesità, disturbi del sonno, e depressione (22% di probabilità in più), asma, problemi gastrointestinali, alcuni tipi di cancro, e un peggioramento degli indicatori del rischio cardio-metabolico. 

Trattandosi di studi epidemiologici, il legame emerso tra cibo ultra processato e problemi di salute non può essere considerato certo. MA come spiegano gli autori della ricerca, la mole di dati che si sta accumulando velocemente negli ultimi anni è piuttosto convincente, e dovrebbe spronare governi e istituzioni sanitarie ad agire al più presto. “I nostri risultati supportano la necessità urgente di svolgere studi sui meccanismi di questo fenomeno – si legge nelle conclusioni dello studio – così come di interventi urgenti di salute pubblica che puntino a minimizzare il consumo di cibi ultraprocessati, per migliorare la salute della popolazione”. 

Fonte: www.today.it

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