Quirinale, sfida Draghi-Berlusconi: le strategie di tutti i partiti

12 gennaio
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Una sfida aperta, secondo qualcuno. Un po' di realismo, per qualcun altro. Silvio Berlusconi arriverà oggi a Roma, per coordinare da villa Grande le grandi manovre per il Quirinale. E si fa precedere da un avvertimento netto: "Se Draghi va via da palazzo Chigi si va a votare", dice a chiare lettere Antonio Tajani, dopo settimane in cui il concetto veniva affidato ai retroscena. "Chi altro sarebbe in grado di tenere insieme una coalizione tanto eterogenea?", chiede retoricamente il coordinatore azzurro. Che così gioca una delle carte di Silvio Berlusconi nella corsa al Quirinale: puntare sull'attuale premier porterebbe alla fine anticipata della legislatura, con tutte le conseguenze - anche previdenziali - per i parlamentari.

Il piano di Berlusconi

Silvio Berlusconi lo starebbe ripetendo in tutte le sue (numerose) telefonate di questi giorni a deputati e senatori, convinto che le chance per Draghi siano al momento ridotte proprio perchè "la sua elezione porterebbe automaticamente al voto anticipato". Proprio in virtù della posizione di Forza Italia, finora condivisa anche dalla Lega: "Neanche loro - assicurano gli azzurri - sosterrebbero un altro governo in questa legilsatura". Nel prossimo vertice di centrodestra: si farà il punto: succederà in settimana, ma dopo la riunione di direzione e gruppi Pd convocata per giovedì 13, spiegano fonti di coalizione, per aspettare l'eventuale mossa dei Dem. In Forza Italia serpeggia malumore per il pressing di Coraggio Italia a favore di Draghi: "Il 23 Toti è venuto al vertice e ha sottoscritto un documento comune che diceva un'altra cosa...", si fa notare.

Nella Lega c'è chi pensa che Berlusconi prima o poi farà un passo di lato: "Vuole essere il king maker, e magari in cambio della rinuncia ottenere il seggio da senatore a vita", ipotizza un parlamentare di lungo corso del Carroccio. Per ora l'ex Cavaliere tiene il punto.

Il piano di Draghi

"Non risponderò a nessuna domanda sulla presidenza della Repubblica". È la premessa di Mario Draghi, ieri pomeriggio a palazzo Chigi, alla conferenza stampa sulle misure anti Covid. Un silenzio che in tanti interpretano come una conferma delle sue ambizioni per il Colle, secondo Repubblica: "Draghi infatti non smentisce di puntarci".

Il silenzio, esibito e poi difeso, serve - secondo la Stampa - a preservare una candidatura che da oggi fino al primo giorno di votazioni, il 24 gennaio, finirà sotto lo stress test dei partiti. Draghi ieri però "ha tradito le aspettative di chi, soprattutto nel fronte azzurro e leghista del centrodestra, sperava in un passo indietro. Come racconta chi lo conosce e lo ha seguito in questi anni, quando sette anni fa, nel 2015, decise di sottrarsi al gioco delle candidature come successore di Giorgio Napolitano, l'allora presidente della Bce lo fece con una precisa dichiarazione rilasciata a Francoforte: «Non voglio essere un politico». Una dichiarazione che, fanno notare, non ha mai replicato in queste ultime settimane".

Il piano della Lega

L’apertura di una competizione tra i due, Berlusconi e Draghi, a 13 giorni dal 24 gennaio, il giorno in cui si riunirà il Parlamento in seduta comune per scegliere il nuovo Capo dello Stato, era messa in conto da molti osservatori. Ma è Matteo Salvini l'ostacolo inatteso per il Cavaliere. "Sul Quirinale - dice - sto lavorando da giorni con contatti a 360 gradi per garantire una scelta rapida, di alto profilo e di centrodestra". Un alto profilo non potrebbe essere quello di Silvio Berlusconi. Il piano della Lega, tutt'altro che balzano, bensì molto pragmatico, è una personalità di centrodestra, che possa essere di gradimento a Italia viva e Movimento 5Stelle: in quel caso i voti ci sarebbero, almeno dalla quarta votazione in poi. Già, ma quale nome? 

Il piano del Pd

"Le parole di Berlusconi, se sono vere, sono molto gravi - dice Enrico Letta - Aggiungo che la tempistica è profondamente sbagliata, perché Draghi mette l’accento su due parole: fiducia e unità. Ci aspettano settimane complicate, i mille e nove grandi elettori chiamati alla scelta per il Quirinale dovranno assumersi immense responsabilità. Questo non è il momento del muro contro muro", ragiona il segretario Dem parlando a Repubblica: "Noi lavoriamo per trovare una intesa per una presidente o un presidente di larghe intese che non sia divisivo. Berlusconi è un capo partito, è divisivo come lo sono io, come lo è Salvini o Conte: per definizione perché siamo capi di un partito. Il capo dello Stato deve essere una figura istituzionale". Una figura come Mattarella.

Proprio il Mattarella bis, nonostante la contrarietà proprio di Meloni, e il no più volte ribadito dal Capo dello Stato in carica, resta uno scenario coccolato dentro i partiti. Tra due settimane o poco più il rebus sarà risolto. I giochi tattici dominano lo scenario quirinalizio in questi giorni e sarà così fino all'ultimo. Certo è che il lavorìo di Salvini e Berlusconi ha qualcosa in comune: nessuno dei due è disposto ad assecondare Draghi nel suo percorso verso il vertice istituzionale. Non un dettaglio di poco conto.

Il piano del M5s

Oggi alle 20 i deputati del M5S discuteranno tra loro (senza la presenza di Conte) del tema Quirinale. Dall’assemblea potrebbe uscire un’indicazione simile a quella data dai colleghi del Senato: proporre il Mattarella-bis.  C'è la richiesta avanzata da più parti, da Virginia Raggi a Manlio Di Stefano, di coinvolgere gli iscritti con un voto in rete per individuare il candidato del M5S, o perlomeno per “vidimare” un nome scelto dai vertici. Anche in questo caso da parte di Conte c’era stata un’apertura all’ipotesi, poi fatta cadere nel dimenticatoio. Il M5s con i suoi oltre 200 grandi elettori vorrà far sentire il suo peso.

"Alla luce della frammentazione attuale credo sia doveroso un accordo sul Quirinale legato anche al governo fino a fine legislatura con una legge proporzionale con soglia di sbarramento alta". Così Stefano Buffagni, deputato ed ex ministro del M5S, fa il punto in un'intervista al Corriere della Sera sulle elezioni del presidente della Repubblica. Il M5S, spiega Buffagni, "ha un peso fondamentale e sarà protagonista" nella scelta del prossimo capo dello Stato. Di certo, ribadisce, "non sosterremo" Silvio Berlusconi: "Sul Colle non si può scherzare. La sua storia è divisiva. E noi non lo sosterremo. Il punto da prevenire è un altro: evitare di trasformarlo nel vero kingmaker dell'elezione con un suo passo indietro al momento giusto che lo metterebbe al centro dello scacchiere nel centrodestra anche per le fasi post Quirinale".

Da Buffagni anche una riflessione sul premier Mario Draghi: "E' una delle figure che possono ambire al Colle, ha i requisiti posti da Conte come fondamentali, ma qualsiasi scelta andrà fatta con una larga maggioranza. Credo che una personalità come la sua possa garantire autorevolezza all'Italia in campo internazionale. Un patrimonio così va tutelato".

Il piano di Fratelli d'Italia

La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni nelle scorse settimane ha incontrato a Roma la vicepresidente della Regione Lombardia, Letizia Moratti: il faccia a faccia per molti aveva come argomento proprio la candidatura di quest'ultima alla carica di presidente della Repubblica. "L'unico nome per il Quirinale del centrodestra è quello del presidente Silvio Berlusconi", ha dichiarato poi la Moratti. “Io mi occupo di sanità in Regione Lombardia. È un impegno importante che cerco di portare avanti con tutta me stessa". Ma il sospetto che sia il suo, il nome che il centrodestra possa tirare fuori dal cilindro una volta caduta l'ipotesi Berlusconi, è solido.

Il piano di Italia Viva

E Renzi? inaugurando la corsa elettorale del candidato centrista al collegio Roma Centro della Camera, l'ex premier aveva detto: "Stavolta al Quirinale non c'è regia. Noi possiamo dare una mano. Qualunque sia il gioco, bisogna partire sulla politica. Allo stesso modo il passaggio dei prossimi giorni, qualunque sia il finale, deve essere politico".

Nella newsletter ai suoi sostenitori, il leader di Italia Viva ha sentito il dovere di riassumere, per punti, un'intervista rilasciata al Corriere della Sera qualche giorno fa. "Non è necessario votare il Presidente alla prima votazione", punto iniziale, che dunque stronca l'eventualità di un larghissimo accordo sul nome dell'attuale premier. Secondo punto: "Meloni, Conte, Letta vogliono le elezioni, anche se non tutti lo ammettono". A questo punto è necessario andarsi a rileggere la risposta di riferimento nel colloquio con il Corriere. "Maria Elena Boschi - era la domanda - sostiene che chi spinge Draghi al Colle vuole le elezioni: lo dite perché non volete Draghi o perché temete le elezioni?". Risposta: "Ha detto la verità. Meloni ha bisogno delle elezioni perché ha iniziato il calo dei sondaggi. La crisi di Conte è conclamata e Di Maio aspetta solo le amministrative di primavera per fargli le scarpe. Quanto a Letta, se non si vota deve fare il congresso e vincere le primarie, esercizio nel quale non ha grande esperienza. Loro vogliono il voto anticipato per esigenze personali". E poi proseguiva: "Dopo di che Draghi sarebbe un perfetto presidente della Repubblica come è stato un perfetto premier. Se vogliamo mandarlo al Colle, tuttavia, serve la politica". Difficile pensare che Renzi non voglia giocare le sue carte anche stavolta. Con la consapevolezza  che quanto più si dissolvono le condizioni di un largo accordo per il Colle, tanto più il peso dei voti centristi diventano irrinunciabili dalla quarta votazione.

E' davvero una partita fra Draghi e Berlusconi?

E' davvero una partita fra Draghi e Berlusconi? A rispondere all'Adnkronos sono i sondaggisti Fabrizio Masia, Nicola Piepoli e Renato Mannheimer.

MASIA - "La mia personale scommessa è che il prossimo presidente della Repubblica o sarà Draghi o ci sarà un candidato espressione del centrodestra, quindi una forzatura verso Berlusconi, che avrebbe anche una logica politica. Oppure una donna", spiega all’AdnKronos il sondaggista Fabrizio Masia. "Premesso che Mattarella ha dichiarato più volte di non voler essere ricandidato - osserva Masia -, da un lato, dunque, c’è Draghi, anche sulla base del fatto che ha quasi lasciato intendere di essere disponibile, e la sua elezione al Colle avrebbe anche una chiave di lettura europea di garanzia rispetto a tutto quello che sta accadendo. E comunque Draghi potrebbe intercettare una maggioranza allargata, ma fino a un certo punto. Però è anche vero che il centrodestra sta insistendo sulla candidatura di Berlusconi".

"Il fronte del centrodestra è abbastanza compatto ed è un messaggio importante anche in vista delle prossime elezioni. Tutti gli altri nomi fatti finora hanno un gradimento popolare di gradino inferiore. Parlo della Cartabia, di Casini, Amato, sono ancora molto poco conosciuti e faticano di più". Per Masia, dunque, "in definitiva, se partiamo dalla sensibilità dell’opinione pubblica, sembra che non ci siano grandissime possibilità di tirar fuori dei nomi che in qualche modo soddisfino più o meno tutti e che possano incontrare il favore dell’opinione pubblica". Un ragionamento che vale anche per un Capo dello Stato donna.

"Si parla anche molto di un Presidente della Repubblica donna - sottolinea Masia -, ma non è che siano spuntati tantissimi nomi che possano in qualche modo essere papabili". Quanto alla possibilità che di fronte un’impasse possa emergere il nome di un outsider al momento non è ancora emerso, il sondaggista osserva: "Come sempre queste possibilità ci sono. Il fatto è che, effettivamente, mentre in passato si è sempre mosso qualcuno come king-maker della situazione, portando un nome un po’ in tutte le stanze dei vari partiti, mi sembra che oggi non ci sia una vera propria regia, non c’è un regista che si è assunto il compito di portare al Colle un candidato trasversale che possa piacere a tutti. Dunque sì, la partita potrebbe riservare sorprese". Quanto, infine, all’ipotesi suggestiva di Luigi Di Maio a Palazzo Chigi e Berlusconi al Colle coi voti del M5S o di parte di esso, Masia chiosa: "E' fantapolitica".

PIEPOLI - ''Draghi ha il 40 per cento di probabilità di diventare il nuovo capo dello Stato. Anche Berlusconi ha la stessa percentuale. Sono entrambi alla pari, tutti e due però hanno meno del 50% e questo dimostra che siamo nell'assoluta alea...''. Nicola Piepoli, presidente dell'omonimo istituto di sondaggi, vede grande incertezza nella partita del Colle, con i due candidati più papabili, Mario Draghi e Silvio Berlusconi, al di sotto del 50% dei consensi utili per essere eletti al Colle più alto. ''Si tratta di grumi di possibilità, tutto è aleatorio, perché qui - avverte Piepoli all'Adnkronos- non manca il 20% per chiudere ma il 100 per cento... E' come giocare con un dado dalle mille facce... Siamo nell'onirico. Come diceva Calderón de la Barca nel suo dramma filosofico-teologico 'La vida es sueño': 'la vita è un sogno e i sogni sono sogni...''.

Per Piepoli ''Berlusconi ha il 40% come Draghi, perché sono le personalità più in vista in questo momento" e poi c'è un nocciolo duro, ''un milioni di italiani che morirebbe per Silvio e non è poco...''. Questo, però, insiste, non basta perchè entrambi hanno meno del 50% dei consensi. Secondo il sondaggista ci vorrebbe un civil servant al Quirinale, come lo era il suo ''amico, Claudio Demattè'', economista ed ex presidente della Rai: ''Il modello è un civil servant. Se oggi fosse vivo Demattè, io candiderei lui capo dello Stato. Per me dovrebbe andare al Colle Franceschini, perché è un civil servant, un uomo onesto, che ha sempre curato il Paese, ma è fregato dal Pd... Franceschini -chiarisce Piepoli- è un emblema, perché è uno dei 5mila onesti e civil servant che conosco. Prenderei lui come emblema per dire che serve una persona normale al Colle, uno di noi, un civil servant appunto...''.

MANNHEIMER - "Mancano ancora un bel po’ di giorni e da sempre il Capo dello Stato si è deciso all’ultimo momento, quindi è difficile oggi fare previsioni, nessuno sa davvero come andrà a finire. Credo, però, che Draghi abbia una posizione avvantaggiata, e se per caso Berlusconi gli cede il passo, l’attuale premier non avrà problemi. Tuttavia, è un argomento veramente complesso perché in passato si sono viste molte ‘bruciature’, e dunque anche persone come Casini, lo stesso Marcello Pera, la Cartabia o Amato, che risorge sempre, chi lo sa…io, però, vedo Draghi in pole position, tuttavia in queste cose ci si sbaglia anche il giorno prima", sottolinea il sondaggista Renato Mannheimer.

Quanto alle possibilità di Silvio Berlusconi, Mannheimer osserva: "Da un punto di vista strettamente numerico, per ora Berlusconi non ce la fa, però Berlusconi ha creato Canale5, è diventato presidente del Consiglio, ne ha fatte di tutti i colori nella sua vita, non parliamo di un uomo incapace, quindi ci potrebbero essere sorprese dell’ultimo momento. Berlusconi nella sua vita ha dimostrato di essere capace di grandi imprese. Dunque se anche i numeri, per adesso, sembrano non esserci, la sua elezione al Colle non è impossibile. E' improbabile ma non impossibile".

Per Mannheimer, però, è anche possibile che di fronte allo stallo, possa alla fine emergere una figura il cui nome non è ancora entrato in gioco. "E' accaduto spesso in passato che alla fine si scegliesse qualcuno che non era emerso in quel momento - sottolinea -, basti pensare a Scalfaro. Dunque sì, potrebbe accadere. Anzi, la tecnica giusta in questo momento è stare zitti, non farsi vedere per poi saltare fuori all’ultimo momento". Però, chiosa Mannheimer, "all’ultimo momento potrebbe anche capitare che i partiti, disperati, chiedano a Mattarella ancora un paio d’anni. Potrebbe anche accadere questo, perché i partiti sono veramente in difficoltà".

Fonte: www.today.it

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