Bambini, come aiutarli a star bene nel corpo e nella mente e gli errori da evitare

2 dicembre
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Famiglia serena, attività all’aria aperta, movimento. E poi, attenzione ai piccoli disturbi e rapporto continuo con il pediatra, per controllare al meglio la crescita dei più piccoli. A disegnare queste richieste per i bambini italiani sono i loro stessi genitori, intervistati nell’ambito di una ricerca condotta da Human Highway per Assosalute.

Se si pensa al “benessere” in riferimento a bambini e ragazzi under 14, i genitori italiani associano le parole “amore”, “cibo”, “felicità”, “sport”, “salute”, “famiglia”: un accordo quasi unanime sulla definizione allargata di salute, che comprende sia gli aspetti legati al benessere fisico che a quello psichico e sociale.

Attenzione alle cattive abitudini

Stando a quanto riferisce Elena Bozzola, Segretario e Consigliere Nazionale della Società Italiana di Pediatria (SIP) oggi è difficile trasferire stili di vita salutari ai bimbi, a partire dall’alimentazione: “In virtù di un’eccessiva disponibilità di cibo e per cedere ai capricci dei bambini – spiega l’esperta – abbiamo un’eccedenza nell’alimentazione, troppo ricca di proteine e ‘pasticciata’, a discapito di una dieta corretta per la crescita e lo sviluppo del bambino”. Stando all’indagine l’attenzione alla dieta sarebbe maggiormente diffusa tra i genitori del Nord ovest della Penisola.

Accanto alla dieta a tavola, anche quella mediatica è cruciale in giovane età. Secondo Dott. Aldo Manfredi, pedagogista: “I bambini rischiano di trascorrere 4-5 ore al giorno davanti agli schermi, spesso non uscendo neanche di casa ed evitando attività all’aria aperta. Tutto ciò può portare all’insorgenza e diffusione delle cosiddette ‘malattie sociali’, come i disturbi del comportamento, quelli dell’attenzione e i problemi di depressione infantile”.

Lo conferma anche che segnala anche come le app “educative”, quelle che, secondo molti genitori, “favoriscono una facilitazione dell’apprendimento di lingue straniere, di versi degli animali o qualche altra abilità linguistico-cognitiva, difficilmente possano essere realmente educative senza la supervisione e la guida dell’adulto. Inoltre, una eccessiva esposizione ai media device e, dunque, un abuso di tecnologia può portare il bambino ad avere un ritardo nell’apprendimento correlato, soprattutto, alle abilità matematiche, e a sviluppare bassi livelli di attenzione.”

Come se non bastasse, poi, gli schermi digitali possono provocare disturbi della vista a causa dell’emissione della luce, tra cui secchezza oculare, bruciore, irritazione e abbagliamento, e “disturbi del sonno, di tipo qualitativo e quantitativo, oltre che per la luce anche per i contenuti stimolanti. “La deprivazione del sonno è stata poi correlata a tante patologie infettive, che espongono il bambino a un maggior rischio di ammalarsi e di prendere l’influenza, proprio per un indebolimento dell’organismo – conclude l’esperta”.

Il pediatra è il punto di riferimento

Nell’attuale contesto sociale e relazionale con grande spazio acquisito dai social, il ruolo del genitore diventa ancora più chiave per la crescita del bambino, che è, secondo Manfredi, “tutto, anche se quello che sta accadendo ora è che gli adulti si stanno ‘infantilizzando’ e i bambini ‘adultizzando’, creando di conseguenza una società orizzontale in cui ai bambini vengono consegnati strumenti (come tablet, cellulari, ma anche carte di credito) che poi non sono in grado di utilizzare responsabilmente, con una conseguente deresponsabilizzazione da parte dei genitori”.

Si tratta di un processo, prosegue il pedagogista, “in cui i genitori tendono a delegare all’esterno la responsabilità che deve essere in primis loro e che spesso può sfociare nella pretesa che sia il Nido o la scuola a educare il figlio. Sicuramente la scuola e il Nido, nella primissima infanzia, possono fare molto, ma se manca l’alleanza genitoriale la sua azione è ridotta.” Non solo de-responsabilizzazione ma anche eccessiva apprensione, che spesso trova nei social media un canale propizio. “Soprattutto all’aumentare dell’età dei genitori, cresce anche il grado di apprensione nei confronti della sintomatologia dei bambini – fa sapere Bozzola”.

La nota negativa è che, se il pediatra non risponde subito, c’è la tendenza da parte dei genitori a postare sui social media foto del bambino per chiedere consiglio ad altre mamme. Nonostante l’esperienza che le mamme di altri bambini possono acquisire nella gestione dei propri figli, queste non sono medici, ed è sempre necessario rivolgersi a una figura medica competente.”

Il pediatra sembra rimanere, comunque, secondo gli intervistati dell’indagine di Human Highway, la principale figura di riferimento a cui i genitori si rivolgono quando il proprio figlio non gode di buona salute, con quasi 7 italiani su 10 (68,9%) che seguono le indicazioni del medico in caso di malattia dei propri figli, soprattutto da parte dei papà (74,8% vs 63,2% per le donne). Le mamme, invece, tendono a preferire l’autonomia, soprattutto nella gestione dei piccoli disturbi dei bambini, affidandosi alla propria esperienza di cura maturata nel tempo (17,6% vs 9,2% per gli uomini) e/o cercando consiglio online (14% vs 6,9%).

Non solo il ruolo del pediatra è cruciale per i genitori quando si tratta di disturbi fisici: a lui si affida il 54,3% dei genitori anche in caso di segnali sintomatici di un piccolo disagio psicologico del bambino, come sbalzi dell’umore, l’acuirsi di paure, disturbi del sonno, ansia, e difficoltà scolastiche. In questi casi, è importante anche il confronto con altri genitori, amici e parenti giudicati “esperti” a vario titolo e con le figure educative di riferimento dei bambini.

Fonte: dilei.it

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