Endometriosi: cos’è, sintomi e cause

10 gennaio
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Quando in casa c’è disordine e pare che ogni cosa non sia dove dovrebbe essere giustamente siamo di cattivo umore. Pensate un po’ cosa può accadere quando ad essere fuori posto è un particolare tessuto del nostro corpo, che si “sviluppa” e cresce anche in una zona in cui non dovrebbe essere.

Questo quadro si verifica nell’endometriosi, che qualcuno ha definito la malattia dell’utero “fuori posto”. In realtà non trasloca l’organo, ma il tessuto più interno della mucosa, l’endometrio, che può crearsi “isole” in altre aree del corpo, quasi sempre nell’addome, come ad esempio nell’ultima parte dell’intestino o nelle ovaie. In rarissimi casi “isole” di endometrio si possono formare anche nell’apparato respiratorio.

Endometriosi, come nasce e come si manifesta

Pur se l’endometriosi è una patologia chiara sotto il profilo dei meccanismi che la determinano, i quadri possono essere diversi da donna e donna. Questo spiega anche come sia complesso riconoscere questa condizione, che spesso si manifesta soprattutto con il dolore. Questo è molto più intenso del classico dolore mestruale fin dall’inizio e col tempo, specie quando il tessuto endometriosico si infiltra negli organi vicini.

In questo caso il classico dolore mestruale interessa tutta la parte bassa dell’addome, quella che gli esperti definiscono pelvi, e tende a diventare cronico. Il problema nasce perché nell’endometriosi si scatena un’infiammazione cronica che porta all’esagerata attività di una cellula, chiamata mastocita. Questa favorisce l’infiammazione e quindi anche la proliferazione del dolore stesso, con incremento dei segnali che viaggiano verso il cervello.

Per l’entità del sintomo dolore, peraltro, non conta solamente la diffusione della patologia. A volte piccole formazioni di tessuto “fuori posto” sono particolarmente attive nello scatenamento dell’infiammazione e del conseguente dolore perché producono più sostanze che lo stimolano. In tutti i casi, il problema è che a volte il dolore viene sottovalutato, quasi “compreso” nel quadro classico della sindrome premestruale e si tende a non considerare questa malattia, soprattutto nelle giovanissime.

Sintomi dell’endometriosi, quali sono quelli più frequenti

Il dolore è il segno più classico dell’endometriosi. Tende a peggiorare nel tempo e può diventare un dolore pelvico cronico, se compare per un periodo superiore ai sei mesi consecutivi. Pur se si presenta in corrispondenza del ciclo, a volte può manifestarsi anche nel periodo dell’ovulazione e si può associare ad alterazione dei cicli e perdite tra un ciclo e l’altro. Nelle forme più serie si possono avere dolori durante i rapporti sessuali e se si coinvolge anche l’intestino possono comparire anche alterazioni dei ritmi dell’evacuazione. A volte è interessata anche la vescica con fastidi quando si urina.

Quindi, in presenza di dolore mestruale che si mantiene nel tempo, non bisogna pensare solamente a problemi legati al ciclo. Va ricordato che il quadro interessa soprattutto giovani tra i 25 e i 34 anni, che all’inizio possono avere la sensazione di non essere credute, tanto che per arrivare ad una diagnosi spesso occorrono anni. Ma occorre ricordare che non si tratta della solita dismenorrea.

Il dolore non si limita esclusivamente al periodo delle mestruazioni ma addirittura può precedere di gran lunga le perdite mestruali. Questo impatta molto sulla vita di relazione e sul lavoro. Fondamentale, in ogni caso, è arrivare presto con la diagnosi.

Come riporta il Progetto Endometriosi di AGENAS “un tempestivo riconoscimento dei sintomi ed una diagnosi adeguata e precoce sono al momento gli unici strumenti attraverso i quali i danni ed i pericoli causati da questa malattia possono venire evitati e contenuti. Una visita ginecologica ed un’ecografia pelvica svolti da un medico con una buona esperienza sulla patologia sono il primo valido strumento per la corretta e tempestiva diagnosi ed un adeguato trattamento terapeutico o un invio ai centri specializzati di riferimento per la presa in carico delle donne con situazioni cliniche più delicate e complesse”.

Le varie facce dell’endometriosi

In molti casi i primi segni della dislocazione del tessuto dell’endometrio possono comparire già nella giovinezza o nella prima età. Il problema è che nel tempo il dolore può diventare sempre più forte e non si limita solamente al periodo delle perdite mestruali ma a volte può addirittura precederle.

In termini generali, in ogni modo si possono individuare due tipi di malattia che prevedono trattamenti diversi. Nei casi più “semplici” è l’ovaio, che per vicinanza è una delle sedi più comuni del “trasloco” del tessuto dell’endometrio, si trova ad essere coinvolto. L’endometriosi può quindi condurre alla formazione di cisti all’interno dell’ovaio, legate alle emorragie ripetute del tessuto uterino presente all’interno dell’organo. Più complessa è l’endometriosi infiltrante, che spesso provoca un più intenso dolore e tende ad invadere anche gli organi vicini, cioè l’ultima parte dell’intestino, la vagina, la vescica e gli ureteri.

Le cure su misura per l’endometriosi

Come detto, si possono riconoscere due tipi di malattia. A volte si formano cisti all’interno dell’ovaio, legate alle emorragie ripetute del tessuto uterino presente all’interno dell’organo: queste possono essere individuate con un’ecografia e vengono asportate con un intervento chirurgico in laparoscopia.

Più complessa è l’endometriosi infiltrante, che spesso provoca un più intenso dolore tende ad invadere anche gli organi vicini, cioè l’ultima parte dell’intestino, la vagina, la vescica e gli ureteri. Per questo la cura va stabilita caso per caso dallo specialista.

Come riporta il sito del Ministero della Salute “tra i trattamenti proposti per l’endometriosi l’uso dell’estroprogestinico o del solo progestinico è capace di migliorare il quadro sintomatologico in quanto abolisce la stimolazione ormonale e la crescita degli impianti endometriosici. È importante che tali preparati vengano assunti continuativamente per evitare lo sfaldamento dell’endometrio simil-mestruale che favorisce un ulteriore passaggio di endometrio attraverso le tube.

In buona sostanza, la pillola estroprogestinica nelle donne con endometriosi sintomatica dovrà essere assunta continuativamente, senza l’interruzione ciclica di pochi giorni. Il trattamento più invalidante con gli analoghi del GnRH, farmaci che bloccano totalmente la stimolazione delle ovaie e quindi la produzione ormonale creando un quando endocrino e clinico di menopausa iatrogena (con gli inevitabili effetti collaterali quali vampate di calore, secchezza vaginale, aumentato rischio di osteoporosi), sono limitati a quei casi che richiedano un intervento chirurgico. Oggigiorno sono in corso diversi studi con composti che pur inibendo la stimolazione ovarica come gli analoghi del GnRH, creano meno effetti collaterali”

Quando serve l’intervento chirurgico per l’endometriosi

Secondo gli esperti non bisogna abusare dell’intervento chirurgico e le indicazioni debbono essere precise, soprattutto quando si interviene sulle ovaie. Mantenere l’integrità di questi organi è importante, anche in presenza delle cisti endometriosiche (legate quindi direttamente alla patologia). Oggi quando possibile si preferisce cercare una soluzione con terapia medica, appunto i trattamenti ormonali, per cercare di bloccare l’evoluzione delle cisti stesse.

La chirurgia, in teoria, dovrebbe entrare in gioco quando le lesioni possono andare a comprimere l’uretere (il condotto che dai reni porta l’urina nella vescica) mettendo a rischio il rene stesso oppure quando possono bloccare il transito intestinale. È vero però che il sintomo che spesso porta verso l’intervento è il dolore ma va comunque ricordato che dopo il primo intervento le operazioni successive sono sempre più difficili. In questi casi, se occorre arrivare all’intervento chirurgico, questo deve essere eseguito da equipe specializzate, vista la complessità dell’area e la necessità di “pulire” adeguatamente i tessuti, facendo particolare attenzione ai nervi.

Si può rimanere incinta con l’endometriosi?

Una risposta univoca, viste le differenze che possono verificarsi da caso a caso, non è possibile. Certo è importante la diagnosi precoce, anche per riconoscere i casi in cui il tessuto uterino “fuori posto” comincia ad invadere le strutture vicine: eliminare immediatamente eventuali propaggini di endometrio significa preservare il benessere futuro della donna.

Per quanto riguarda le possibilità di gravidanza futura, la scienza ha fatto passi avanti importanti ma ogni situazione va verificata con il ginecologo tenendo presente una regola generale: non bisogna aspettare di essere troppo avanti con gli anni, altrimenti le possibilità di rimanere incinte saranno naturalmente inferiori.

Questa malattia non provoca sterilità ma può rendere più difficile rimanere incinte e per questo la procreazione medicalmente assistita può rappresentare un’opportunità in più, cui rivolgersi quando dopo un certo periodo non si riesce ad arrivare alla gravidanza. Un’ultima informazione utile: nella donna in dolce attesa si può avere un sensibile calo del dolore, ma la gravidanza di per sé non può curare la malattia.

L’impatto del Covid-19 sull’endometriosi

Qualche tempo fa, nei primi mesi della pandemia, è stato presentato un  questionario di APE, associazione che unisce pazienti di tutta Italia, è un’indagine inedita, in quanto non sono reperibili altri dati che mettono in correlazione gli effetti che la pandemia ha avuto sulle donne malate di endometriosi nel Paese.

Ha coinvolto oltre mille donne, dal 3 agosto al 17 settembre 2020, che hanno risposto a domande specifiche sull’accesso alle cure, l’assistenza sanitaria e le spese da sostenere, per elaborare un punto di vista globale da parte delle pazienti che vivono la cronicità della malattia e che sono ancora prive di tutele economico-lavorative.

Un punto di vista da portare all’attenzione delle istituzioni e degli addetti ai lavori.  Il 41% delle donne interpellate ha dichiarato di aver temuto di non poter essere adeguatamente assistita durante il lock down, anche per visite o interventi precedentemente fissati, mentre il 37% ha temuto di doversi recare in ospedale. Come emerge dalle risposte, infatti, l’idea di doversi curare con urgenza e convivere con lo spettro di non riuscire a farlo, ha accompagnato queste donne per mesi.

Un timore giustificato dal 24% delle intervistate che ha effettivamente riscontrato difficoltà nel ricevere assistenza; in parte a causa della crisi sanitaria, ma in misura non inferiore anche per i problemi di spostamento tra regioni, che hanno negato la possibilità di recarsi verso centri specializzati per ricevere diagnosi e terapie adeguate, o semplicemente dare continuità al percorso di cura.

Fonte: dilei.it

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