Il Pc che legge la mente è realtà: uomo paralizzato torna a scrivere

15 novembre
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La tecnologia continua a fare passi da gigante per migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità. Restituendo, ad esempio, la possibilità di comunicare a chi l'ha persa a causa di un incidente o di una malattia. L'esempio più recente arriva dagli Stati Uniti, dove un uomo di 65 anni con gli arti paralizzati a causata di una lesione spinale è tornato a scrivere grazie a un dispositivo in grado di leggere la sua attività cerebrale, decodificarne le intenzioni, e riprodurre un testo proprio come se il paziente lo stesse scrivendo con le proprie mani.

L'impresa, descritta qualche mese fa sulla rivista Nature, arriva dai laboratori di Stanford, ed è frutto della tecnologia sviluppata da BrainGate, un'azienda che lavora nel campo dei sistemi di interfaccia computer-cervello: dispositivi capaci di mettere in comunicazione diretta il cervello umano con device digitali, allo scopo di restituire la capacità di interagire con l'ambiente a persone affette da tetraplegia e altre forme di disabilità.

Il sistema sviluppato da BrainGate consiste in una serie di sensori che vengono impiantati direttamente all'interno del cervello dei pazienti, in grado di registrare la loro attività cerebrale e trasmettere le informazioni raccolte a un computer, che le decodifica utilizzando un programma di intelligenza artificiale. Visto che ogni movimento e attività cosciente inizia nel cervello, e che i neuroni comunicano tra loro attraverso segnali elettrici, facilmente identificabili con un elettrodo, l'impresa – per quanto fantascientifica – è perfettamente possibile. E con le moderne tecnologie di machine learning sta anzi diventando sempre più facile: i computer, infatti, sono in grado di analizzare moli enormi di dati (come quelli raccolti monitorando l'attività elettrica del cervello) e di interpretarli autonomamente, a ritmi impensabili per un essere umano.

In questo modo, il sistema sviluppato da BrainGate è capace di studiare il cervello di una persona, e imparare a riconoscere quando questa sta immaginando di alzare una mano, di scrivere una lettera, o di camminare. E può trasmettere quindi l'informazione a un dispositivo elettronico che lo faccia al posto suo. Nel caso descritto su Nature, il sistema è stato messo alla prova per decodificare, e riprodurre, la scrittura umana. Un volontario sessantacinquenne si è allenato con il dispositivo di interfaccia cervello-computer immaginando di scrivere una lunga serie di parole, come avrebbe fatto prima dell'incidente che lo ha privato della capacità di muovere le mani. Il programma ha imparato a decodificare le sue intenzioni, e ha quindi riprodotto su uno schermo le parole che il volontario immaginava di scrivere, con tanto di punteggiatura.

Simili sistemi di scrittura automatica sono già stati sviluppati negli ultimi anni. Ma si basavano su interfacce diverse, come ad esempio cursori digitali che i pazienti potevano muovere con la mente per comporre le parole su una tastiera virtuale. Decodificando direttamente la scrittura a mano (per quanto immaginaria), il sistema ideato dai ricercatori di BrainGate ha un vantaggio fondamentale: la velocità. Se il record precedente era di circa 40 caratteri al minuto, la nuova tecnologia ha permesso di raggiungere invece una velocità di 99 caratteri al minuto. Quasi alla pari con i 115 che riesce a digitare, in media, una persona che scrive su uno smartphone.

Al momento – avvertono i suoi creatori – la tecnologia è ancora un semplice prototipo, ed è stata sperimentata su un unico paziente. Bisognerà ripetere il test su un numero maggiore di persone, e migliorare le potenzialità del programma di scrittura, includendo un numero maggiore di caratteri e simboli tra quelli riproducibili, e opzioni di editing del testo più avanzate, prima che possa realmente essere utilizzata dalle tantissime persone che oggi potrebbero trarne beneficio. I risultati dell'esperimento sono comunque estremamente incoraggianti, e ci mostrano un futuro – speriamo non troppo lontano – in cui la tecnologia permetterà a tetraplegici e persone con disabilità di tornare a fare molte delle cose che oggi gli sono impedite dalla malattia, utilizzando la mente per controllare programmi di scrittura o sintetizzatori vocali, protesi robotiche per muovere o manipolare oggetti, o persino autentici esoscheletri con cui tornare, finalmente, a camminare.

Fonte: www.today.it

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