Trovata nellacqua potabile una sostanza chimica che aumenta il rischio di Parkinson

18 maggio
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Un nuovo studio americano ha trovato nell’acqua potabile del campo base del Corpo dei Marines di Lejeune (North Carolina) una sostanza chimica associata al rischio di Parkinson. Si tratta del tricloroetilene, noto commercialmente come trielina, un composto che, per via della sua tossicità e cancerogenicità, non viene più impiegato nell'industria alimentare e farmaceutica dagli anni settanta praticamente in tutto il mondo. Una volta penetrato nel suolo e nelle acque sotterranee, il TCE può persistere per decenni prima di essere smaltito. Ciononostante, ancora oggi è possibile reperirlo in alcuni negozi di tipo ferramenta, ed usato come solvente sgrassante, sebbene se ne consigli l'uso soltanto indossando mascherina, guanti e occhiali protettivi, per evitarne ogni tipo di contatto. Se inalata, la sostanza deprime il sistema nervoso centrale e produce sintomi come mal di testa, confusione, difficoltà nella coordinazione motoria, mentre un'esposizione prolungata, secondo alcuni studi, aumenterebbe di ben sei volte la possibilità di sviluppare il Parkinson.

Lo studio americano, pubblicato su Jama Neurology, fa seguito a queste ricerche e a un recente rapporto che conferma l'associazione tra esposizione (spesso inconsapevole) a questa sostanza chimica e rischio di Parkinson. "Milioni di persone in tutto il mondo sono state e continuano ad essere esposte a questo onnipresente contaminante ambientale - hanno sottolineato gli autori dello studio -. I nostri risultati sollevano una questione importante, pertanto saranno necessari ulteriori studi per fornire una prova definitiva dell’associazione tra trielina e Parkinson".

Lo studio americano

I ricercatori hanno esaminato oltre 300 mila veterani e rilevato un aumento del 70% del rischio di Parkinson in coloro che avevano prestato servizio per almeno tre mesi nel campo base del Corpo dei Marines di Lejeune, in Carolina del Nord, tra il 1975 e il 1985. In questi anni si era scoperto che l’acqua potabile e, in particolare, l’acqua dell’impianto di trattamento di Hadnot Point, era stata contaminata dal tricloroetilene e altre sostanze chimiche dannose, tra cui percloroetilene (PCE), benzene e cloruro di vinile. A tal proposito, l’Agenzia per le sostanze tossiche e il registro delle malattie (ATSDR) degli Stati Uniti ha riferito che "il tricloroetilene era stato individuato per la prima volta nel 1982 e che questo e gli altri contaminanti sono penetrati nel sistema dell’acqua potabile attraverso perdite di serbatoi di stoccaggio sotterranei, fuoriuscite di aree industriali e siti di smaltimento rifiuti".

Il Parkinson e le cause ambientali

Sebbene la condizione neurologica sia stata descritta circa due secoli fa dal medico inglese James Parkinson, ancora oggi non si conoscono le cause scatenanti. Poiché solo il 10-15% di tutti i casi sono legati a una predisposizione genetica, la ricerca ha ipotizzato che siano soprattutto i fattori ambientali, come l’esposizione a sostante chimiche tossiche o agenti patogeni (come i ceppi batterici Desulfovibrio individuati da uno studio finlandese) a giocare un ruolo centrale nel suo sviluppo. "Questo nuovo studio fornisce ora la prima prova basata su un'ampio popolazione a sostegno dell’ipotesi che il tricloroetilene possa causare il Parkinson, aggiungendosi alle prove ben documentate che il tricloroetilene è anche cancerogeno", ha affermato la dottoressa Natasha Fothergill-Misbah dell’Università di Newcastle (Regno Unito), tra le autrici dello studio.

"Sebbene non sia possibile determinare l’effettiva esposizione - ha precisato l’esperta - la significatività dell’associazione, considerando i fattori confondenti, fornisce una spiegazione molto plausibile per questo aumento del rischio, sebbene non sia certamente l’unico fattore coinvolto nel Parkinson".

I progressi della ricerca nella diagnosi del Parkinson

Ad oggi non esistono esami del sangue o di laboratorio in grado di diagnosticare il Parkinson non genetico. La diagnosi si basa sulla presenza della tipica sintomatologia (tremore, disturbi posturali, ecc), rilevabile durante una accurata visita neurologica. Tuttavia, anni o addirittura decenni prima dell'insorgenza della malattia possono presentarsi sintomi atipici come disturbi del sonno e l'apatia. Ed è su questi sintomi premonitori che lavora uno strumento di apprendimento automatico (chiamato Crank-Ms), recentemente sviluppato dai ricercatori della University of New South Wales (Sidney), in collaborazione con la Boston University, che potrebbe essere utilizzato per identificare segnali premonitori della malattia.

Come funziona Crank-Ms

Lo strumento sfrutta l'intelligenza artificiale per rilevare i segni premonitori della malattia, prima che questa si manifesti con la classica sintomatologia. Utilizzando strati addestrati di nodi modellati sul cervello umano, va a caccia di specifici composti chimici (metaboliti) nel sangue, individuando i modelli che possono prevedere la presenza o meno della malattia. "Per capire quali metaboliti sono più significativi per la malattia rispetto ai gruppi di controllo - ha spiegato l'autrice Diana Zhang -, i ricercatori di solito esaminano le correlazioni che coinvolgono molecole specifiche. Ma qui prendiamo in considerazione che i metaboliti possono avere associazioni con altri metaboliti, ed è qui che entra in gioco l'apprendimento automatico. Con centinaia o migliaia di metaboliti, abbiamo utilizzato il potere computazionale per capire cosa sta succedendo".

Dallo studio sono emerse informazioni molto interessanti sui metaboliti. Ad esempio si è visto che nel sangue di chi ha sviluppato il morbo di Parkinson ci sono concentrazioni inferiori di triterpenoidi, neuroprotettori che regolano lo stress ossidativo e si trovano in alimenti come mele, olive e pomodori. Non solo, lo studio ha anche scoperto la presenza di sostanze tossiche, note come PFAS, nei pazienti che hanno sviluppato la patologia.

Lo strumento ha una precisione di oltre il 90%

Questo metodo di apprendimento è interessante a più livelli. Prima di tutto ha un’accuratezza molto elevata: è stato in grado di rilevare la malattia con una precisione fino al 96%. "E poi - ha concluso W. Alexander Donald, co-autore dello studio - ci ha permesso di identificare i marcatori chimici più importanti per predire con precisione chi svilupperà la malattia in futuro. Infine, alcuni dei marcatori chimici che guidano la maggior parte delle previsioni sono stati in precedenza implicati nel morbo di Parkinson nei test cellulari, ma non negli esseri umani".

Fonte: www.today.it

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