Vaiolo delle scimmie: perché non cè (troppo) da preoccuparsi

23 maggio
485 306

Un centinaio di casi confermati nel mondo, per ora. "Non vi sono al momento elementi di particolare preoccupazione, ovviamente la situazione va monitorata. È però un chiaro esempio di come le zoonosi, cioè il trasferimento di patologie dagli animali all'uomo, siano una realtà con cui fare i conti e rispetto alla quale dobbiamo farci trovare preparati". Ad affermarlo a 'Che Tempo che Fa' è stato il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli in merito al vaiolo delle scimmie. Facciamo il punto della situazione.

Gli Stati Uniti sono già al lavoro per capire quale vaccino possa essere usato contro il vaiolo delle scimmie, i cui casi continuano ad aumentare nel mondo. Lo ha detto il presidente americano Joe Biden: "Tutti dobbiamo essere preoccupati", aggiungendo che i contagi potrebbero continuare a espandersi. Previsioni condivise dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: "La situazione si sta evolvendo e l’Oms si aspetta che verranno identificati più casi man mano che la sorveglianza si estende". Non sono stati segnalati decessi. La stragrande maggioranza delle persone guarisce da sola.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità chiede a gran voce di adottare una serie di misure per evitare un'ulteriore diffusione del vaiolo delle scimmie nei Paesi in cui non è endemico. "L'identificazione di casi confermati e sospetti di vaiolo delle scimmie senza alcuna storia di viaggio nelle aree di endemia in più Paesi è atipica, quindi c'è urgente necessità di aumentare la consapevolezza relativa a questa malattia e di praticare una ricerca dei casi, provvedendo ad isolarli e curarli, tracciare i contatti e fornire cure per prevenire ulteriori contagi", ha comunicato l'Oms a Ginevra questa notte. Secondo l'Oms, i casi riportati finora in Europa, Nordamerica e Australia abbiano riguardato principalmente uomini che hanno avuto relazioni sessuali con altri uomini ma, a causa delle osservazioni ancora limitate, è molto probabile che casi emergano in altri settori della popolazione e in altri Paesi. Il vaiolo delle scimmie causa sintomi lievi come eruzioni cutanee, febbre e pustole, ma può anche provocare effetti gravi. Per l'Oms per ora non sono necessarie restrizioni o divieti di viaggio. 

Burioni tranquillizza

La situazione e gli scenari non sono minimamente paragonabili al Covid. Lo mette in chiaro in un lungo commento su Repubblica il virologo Roberto Burioni. Covid 19 è causato da un virus completamente nuovo di cui non sapevamo nulla, mentre "questo è un virus “vecchio”: lo conosciamo dal 1958 e il primo caso nell’uomo è stato descritto in Congo, nel 1970; l’osservazione di questi anni ha portato a concludere, in parole povere, che questo virus è un “cugino” del virus del vaiolo, però molto più mansueto. Provoca qualcosa di simile a una varicella piuttosto grave, ma con una mortalità estremamente più bassa rispetto al vaiolo".

"Fino a un paio di settimane fa - continua l'esperto -  i rari casi di vaiolo delle scimmie che si registravano al di fuori dell’Africa erano tutti riconducibili a due tipologie: o erano persone di ritorno da un viaggio nel continente africano che lì si erano infettati, oppure erano persone entrate a contatto con animali infetti provenienti dall’Africa. Negli ultimi 10 giorni si è verificato un fatto inaspettato e per alcuni aspetti sorprendente: un numero altissimo di casi in pazienti che non rientravano in nessuna di queste due categorie". Certezze non ce ne sono, ma "questo virus, per come lo conosciamo da decenni di convivenza relativamente pacifica, non si trasmette facilmente, ma solo con contatti ravvicinati. Il virus potrebbe essere però mutato, diventando più contagioso e questo potrebbe avere causato l’aumento dei casi. Questa ipotesi, la più sfavorevole, non è però probabile. Il virus del vaiolo delle scimmie appartiene a una famiglia di virus che mutano molto raramente e dati preliminari non confermano questa eventualità".

Burioni sottolinea "i lati tranquillizzanti della situazione. Abbiamo già disponibile un vaccino efficace e in grado di bloccare il contagio, una parte della popolazione è già immune (è stata vaccinata contro il vaiolo prima del 1980) e se la malattia dovesse trasmettersi prevalentemente con contatti sessuali e ravvicinati sarebbe facile ostacolare il contagio. Infine, un dettaglio favorevole: del virus del vaiolo delle scimmie circolano due ceppi, uno più patogeno e uno meno patogeno. I dati preliminari ci fanno supporre che quello responsabile dei casi europei sia il ceppo più 'buono'".

Galli: "Nessun senso tornare al vaccino"

"Non avrebbe nessun senso tornare al vaccino anti vaioloso. Non serve ora. Credo che la faccenda possa essere gestita in maniera diversa. Il rapporto costo-beneficio non è tale da reintrodurre un vaccino che, tra l'altro, non è una passeggiata gratis: ha una serie di effetti collaterali. E il rischio di questi effetti, bilanciato al rischio di prendere l'infezione, mi fa dire che non vale assolutamente la pena di vaccinarsi". A dirlo, all'Adnkronos Salute, Massimo Galli, già direttore del reparto di malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano in merito all'utilità di reintrodurre la vaccinazione contro il vaiolo come protezione dal virus all'origine delle recenti infezioni segnalate nel mondo, e contro le quali sembrano avere una maggiore tutela le persone vaccinate. Per Galli, invece, "è importante andare a vedere da dove questa infezione parte. E seguire con molta attenzione i contatti. In questo modo si dovrebbe chiudere la vicenda in un tempo ragionevole. Mi auguro davvero che sia così. Se non sfugge qualcosa, se le cose vengono fatte bene, non dovremmo avere grandi problemi se non un ulteriore monito sul fatto che la natura va maneggiata con cura. Dobbiamo moltiplicare le attenzioni sui rischi sanitari".

Fonte: www.today.it

23 maggio
485 306